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IL NUOVO FIGLIO DI DIO

Fu nel campo rom, che nacque il nuovo figlio di dio. Fu fra rottami di biciclette, e collanine rubate. Fu in una delle tante roulotte sfondate, dove il cartone pressato veniva via alle pareti e dove i letti erano mucchi di coperte puzzolenti. Dove i bambini giravano in cerca degli avanzi dei genitori, e i cani giravano in cerca degli avanzi dei bambini, e gli scarafaggi giravano in cerca degli avanzi dei cani. Per gli avanzi degli scarafaggi c’erano soltanto i piedi nudi che ci camminavano sopra. E fu fra i quei piedi nudi, e le gambe sporche, e le fiche lerce, che nacque il nuovo figlio di dio.
Era stato concepito da un vergine, dicevano, ma non c’erano vergini fra quelle baracche. Era stato concepito da una ragazzina di 12 anni, dicevano, ma nessuno sapeva quanti anni aveva fra quelle baracche. Era nato così, dicevano, da un giorno all’altro, mentre qualcun altro moriva. Fra le coperte luride e la puzza di zampirone, e il caldo d’Agosto.
Fu nel campo rom, che nacque il nuovo figlio di dio. Fu partorito di giorno. La madre buttava giù bicchierini di vodka per sopportare il dolore, e ogni tanto urlava, e sudava. E quando si sparse la voce tutti accorsero a vedere, e si tagliarono i piedi e le mani sui ferri rugginosi, per la fretta. E il loro sangue si assorbiva alla sabbia, mentre lui nasceva. Mentre la gente gridava al miracolo, e lui piangeva. Poi le grida attraversarono il campo vuoto ed uscirono fuori, e anche per le strade gridarono al miracolo, e seguirono le macchie di sangue e la puzza di sudore, e i ferri rugginosi e le zanzare, e si accalcarono ancora davanti alla roulotte. Tutto il quartiere a festeggiare mormorando. E poi la città, e la nazione, e tutto il mondo, mormorando.
Fu nel campo rom, che il nuovo figlio di dio smise di piangere, pochi minuti dopo, quando gli infilarono una tetta in bocca. E tutti a guardare ammirati, e qualcuno che chiedeva di vedere anche l’altra tetta. E mentre il latte veniva fuori, e il sangue gocciolava, e qualcuno moriva, e tutto il mondo mormorava, il Papa parlò. Disse che non si sarebbe fatto lo stesso errore. Che se il bambino era bruno e aveva i capelli neri, e se era nato povero e sporco, era già figlio di dio. E se anche tutti erano già figli di dio, forse lui lo era un po’ di più. E la gente guardò il papa nei cellulari e nelle televisioni, e guardò il nuovo figlio di dio nella roulotte e senza il bastone e la mitra. E il Papa disse che non si sarebbe crocifisso un altro cristiano, che il bambino doveva vivere. E tutti esultarono.
Fu nel campo rom, che il nuovo figlio di dio ricominciò a piangere. La gente disse che quel pianto parlava, e parlava chiaramente. E tutti capirono cosa dovevano fare, e presero il Papa, e lo spogliarono, e gli spaccarono il bastone e gli sputarono addosso. 
Fu nel campo rom, che il nuovo figlio di dio smise di piangere, quando il papa fu destituito. Fu fra l’odore di pesce marcio e le merde dei cani. E fu in una delle tante roulotte sfondate, dove la gente si accalcava per vedergli la pelle scura e per donargli Coca-Cola e biscotti, e giocattoli riciclati. Fu sopra le ruote sgonfie e il pavimento scrostato che salirono tutti. E mentre i muscoli delle braccia della madre si strappavano per trattenerlo, tutti tiravano il nuovo figlio di dio e lo incoronavano. E mentre la madre piangeva, il bambino rideva. E mentre il papa piangeva, qualcuno accompagnò il bambino sul trono. E tutti cominciarono a pregare, e lasciarono il campo rom. 
La sabbia coprì le impronte, e tutti andarono a comprare croci e rosari, e santini. Gli adulti si medicarono le mani e i piedi e qualcuno, andandosene, rubò un orologio rubato.
La madre del nuovo figlio di dio rimase sola, si coprì con le coperte sporche, si asciugò le lacrime e il sudore, e si addormentò.

 

Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, ignaro e in fasce, quando gli portarono il primo uomo.
Trascinarono il mendicante su per i gradini della chiesa, e quello si dimenava, e glielo misero davanti. La gente sospendeva il fiato e spalancava le pupille, e registrava tutto per non perdersi nulla. Il medicante ancora agitava la sua gamella di spiccioli e chiedeva pietà, invocava i figli e la sua vita, e si indicava i denti marci. Quando il bambino iniziò a piangere, la gente disse che quel pianto parlava, e parlava chiaramente. E tutti presero il medicante e lo spintonarono fuori, e gli buttarono la faccia sul sagrato, e lo presero a calci e pugni, e gli spaccarono i denti marci e il naso storto. E mentre il mendicante sputava l’ultima voce, tutti urlavano e ridevano, ed esultavano. E pregavano e osannavano il nuovo figlio di dio.
I bambini del mendicante si avvicinarono al morto, e lo raccolsero con i suoi denti caduti e tutti gli spiccioli. E intanto gli altri tornarono in chiesa ridendo e portando oro, soldi, e coperte di cashmere, e bambini a vedere il bambino. 
Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, dormendo cullato, quando gli portarono il secondo uomo.
Strinsero le manette all’assassino e lo inginocchiarono. Gli misero in faccia le foto di tutti quelli che aveva ucciso, e gli cantarono i nomi. E tutti erano già pronti con gli sputi, e ad indicargli le mani sporche. L’assassino guardò il bambino, e il bambino guardò l’assassino e cominciò a ridere. La gente disse che quella risata parlava, e parlava chiaramente. E tutti ringoiarono gli sputi, e nascosero gli indici dalle mani, e gli tolsero le manette, e lo applaudirono. Lo festeggiarono come un santo e lo ringraziarono per i suoi peccati. Il nuovo figlio di dio rideva ancora dentro alle fasce, e tutti sapevano cosa fare. E strapparono le foto dei morti e li infamarono, e obbligarono le mogli e i figli degli uccisi a baciare l’assassino e a lavargli i piedi e le mani. E con i coltelli sporchi di sangue, e con le armi del delitto, ci tagliarono il pane e ci brindarono. E festeggiarono fino a sera e regalarono gioielli e vestiti, e tartufi pregiati, al bambino e all’uomo.
Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, giorno dopo giorno. Passarono mesi e settimane, e uomini e donne buoni, e uomini e donne cattivi. E lui rideva e piangeva, secondo la volontà, e la gente viveva e moriva, e altra gente esultava.
Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, incensato e impomatato. E con le risate faceva vivere e mangiare, e costruire le tombe. E con le lacrime faceva uccidere e stuprare, e bruciare le case.
Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, e tutti gli rendevano omaggio. Il latte irrancidiva, e i formaggi erano pieni di vermi, e i biscotti ammuffivano, e tutto si accumulava. E chi veniva giudicato doveva inginocchiarsi fra le tarme delle coperte e delle tende, e i topi, e la puzza di scaduto. E ogni tanto qualche zingaro entrava nella chiesa e rubava un pezzo di pane duro e tarlato, e il nuovo figlio di dio piangeva, e lo zingaro veniva subito impiccato alla campana più grande. E la campana veniva suonata, e tutti cantavano e si stringevano le mani a vicenda, e si baciavano sulle guance, e ridevano.
Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, e ancora non restava in piedi da solo, e controllava la vita. Decideva le sorti e tirava i dadi. Pesava la bilancia e piangeva e rideva. Tutti chinavano il capo dentro la sua chiesa, e anche fuori. E nessuno tossiva o inciampava, per paura di provocarlo o di provocargli un pianto. E tutti abbassavano lo sguardo, vicino a lui, anche il presidente, e il papa destituito, e chi portava omaggi, e i bambini di tutto il mondo. Nessuno teneva gli occhi, o la testa, più in alto dei suoi.
Stava sul trono, il nuovo figlio di dio, circondato da tutto e da tutti, dal mondo inchinato, quando il papa destituito si alzò fra la folla, e cominciò a camminare.

Fu nella chiesa, che il nuovo figlio di dio venne accoltellato. Il papa destituito gli affondò la lama nello stomaco, e lo squarciò fino allo sterno. Il sangue uscì pullulando e spruzzando, e imbrattò i vestiti del bambino, gocciolando sul pavimento. Una seconda coltellata lo sgozzò. Tutti iniziarono a piangere e ad urlare, e a bestemmiare contro il papa. Mentre le budella del nuovo figlio di dio uscivano fuori rotolando, e colavano sul trono, e il sangue macchiava i regali e il cibo marcio, tutti prendevano il papa e lo strattonavano. Volevano linciarlo, rendergli le coltellate del suo stesso coltello, e impiccarlo all’albero di Giuda. Il nuovo figlio di dio si dissanguava lento, da solo, sul trono, e tutti a rendergli vendetta e nessuno a rendergli aiuto.
Fu nella chiesa, dove il nuovo figlio di dio viveva da un anno. Fu tra i mucchi di regali e le impronte dei giustiziati. Dove i topi mangiavano quello che nessuno osava mangiare, e la muffa mangiava quello che neanche i topi osavano mangiare, e i ladri mangiavano quello che neanche la muffa osava mangiare. Per quello che neanche i ladri osavano mangiare c’era solo l’aria che ne rimaneva impregnata dell’odore. E fu in quell’aria sporca, tra i fiati della gente che pregava, e i canti della gente che veniva assolta, che il nuovo figlio di dio venne accoltellato.
La folla alzò la testa quando sentì il sangue, e alzò la voce. La gente si alzò in piedi e ruppe le palle del rosario per la rabbia, e calpestò le coperte di cashmere e le tarme. E tutto il mondo scese dalle case e camminò nelle strade e nei quartieri.
Fu nella chiesa, che il nuovo figlio di dio cominciò a ridere. La gente disse che quella risata parlava, e parlava chiaramente. E tutti capirono cosa dovevano fare, e si fermarono. Presero il papa e lo rivestirono, e lo accarezzarono e lo baciarono sulle guance, e lo osannarono. Tutti iniziarono a mangiare il formaggio rancido e il pane secco da terra, e a cantare. Suonavano le campane e ridevano. E il nuovo figlio di dio continuava a perdere sangue e rideva. E tutti intorno a festeggiare con lui. 
Fu nella chiesa, che il nuovo figlio di dio morì. 
Perse tutto il sangue, smise di ridere, e morì.

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